Personaggi

Massimo Fagioli Sceneggiatore e psicanalista. Nato a Monte Giberto nel 1931 e morto a Roma nel 2017.

Marcello Fagioli Agronomo di fama internazionale. Nato a Monte Giberto nel 1929.

Simone Palmieri – Fu un rinomato orefice ed argentiere. Nato a Monte Giberto nel 1639, morì a Roma in data imprecisata, ma probabilmente poco dopo il 1714. Effettuò l’apprendistato presso Antonio Moretti De Amicis e Balduino Blavier, due valorosi artisti attivi a Roma. Nel 1666, all’età di 27 anni, conseguì la patente di maestro. Tenne bottega a Roma all’insegna della “Madonna di Loreto”, che campeggiava dall’alto della porta d’ingresso. Lavorò per il “Sacro Palazzo Apostolico” e dal 1707 al 1714 ebbe l’ambita qualifica di “Argentiere di Palazzo”. Il suo marchio conteneva l’effige di una Croce di Malta.

Gilberto Todini – Fu un fecondo pittore del secolo XVIII, da identificarsi con quel “Giberti da Montegiberto”, a cui dedica alcune righe Amico Ricci nelle sue note Memorie istoriche delle arti e degli artisti della Marca d’Ancona (Macerata, 1834, II, pp. 372, 379), precisando di aver attinto informazioni in materia anche da Alessandro Maggiori di Fermo, noto studioso di storia d’arte. La patria del Todini è Monte Giberto (AP), come si evince, oltre che dal Ricci, da alcune note d’archivio degli agostiniani di Fermo, dove l’artista, autore di quattro tele commissionategli da quei frati e citate anche dal Ricci, è detto a chiare note: “Gilberto Todini da Montegiberto”.

Nacque nel 1701 e fu incredibilmente attivo fino alla tardissima età, come ne fa fede una scritta apposta al ritratto del parroco di S: Caterina di Fermo don Ciabattoni, da lui eseguito. La scritta dice: “Aetatis suae annorum 97/ A(nno) D(omini) 1798 / Gilbertus Todini pingebat.” E cioè: Gilberto Todini dipingeva nell’anno del Signore 1798, all’età di 97anni.

Si ignora la data della sua morte, che comunque dovrebbe essere avvenuta poco dopo il 1798 od in quello stesso anno. Il Ricci informa che il Todini fu discepolo del ben noto pittore veneto Francesco Trevisani (1656 – 1746), attivo a Roma, dove lasciò tele celebrate ai suoi tempi, quali la Morte di S. Giuseppe nella chiesa di S. Ignazio e le Stimmate di S. Francesco nell’omonima chiesa di Largo Argentina. Il Trevisani si fece ammirare per la gamma vivace dei colori e per la composizione plastica delle sue tele che, in parte, si riallacciano alla tradizione del Maratta.

Annota il Ricci che il Todini nella pala della cappella principale della chiesa di S. Giuliano di Fermo, segnalata in sede nel 1798, “si fa conoscere specialmente nell’aria delle teste e nel tono generale delle tinte trevisanesco non poco”, caratteristica che si riscontra anche in qualche sua altra tela. Aggiunge però che quando il pittore “prese a strapazzare il mestiere, variò nello stile” e perdette prestigio. Fu la troppa fretta ad indurlo a tali difetti che egli “confermò nella tarda vecchiezza”. Penso che se si riuscisse ad individuare tutte o quasi le tele dipinte dal Todini, si riuscirebbe a definire un catalogo abbastanza consistente delle sue opere. Dalle mie ricerche risultano suoi questi dipinti.

Anzitutto la citata pala della chiesa di S. Giuliano a Fermo, posta sull’altare principale. Il Ricci assegna al pittore montegibertese altre due tele, esistenti al suo tempo presso padre Bassotti, prete dell’Oratorio di S. Filippo in S. Elpidio a Mare, appartenenti un tempo a qualche chiesa del luogo. Sicuramente sue sono quattro grandi pale d’altare, ad olio su tela (cm. 520 x 250), eseguite perle cappelle della chiesa di S. Agostino a Fermo nel 1734 – 1735, raffiguranti : a) La Madonna col Bambino con quattro Santi e Cherubini ; b) Il Crocifisso con la Vergine, la Maddalena, S. Sebastiano ed un vescovo inginocchiato; c) Rita da Cascia ed alcuni Santi in atto di adorare Gesù; d) Tre Santi agostiniani in atto orante davanti a Cristo ed alla Vergine. Amico Ricci considera queste quattro tele opere mediocri, denuncianti una certa decadenza artistica del Todini, ed a ragione. Risulta infatti da una nota d’archivio che esse non soddisfecero i padri agostiniani che le avevano commissionate. Opera certa del Todini sono anche tre quadri a guazzo, eseguiti nella volta della chiesa delle benedettine di Offida nel 1737, raffiguranti la Pentecoste, la Risurrezione e l’Assunzione con gli apostoli che raccolgono i bianchi lini dentro il sepolcro e la Vergine, in alto, tra gli angeli. Dello stesso pittore sono anche i gruppi di angeli dipinti nella lunetta della volta. E opera mediocre, come rilevava già l’Allevi nel 1926 con espressioni ironiche. Ugualmente opera sicura del Todini – perché firmata e datata 1742 – è una tela che rappresenta i santi Fedele da Sigmaringen e Giuseppe da Leonessa, custodita nella prima cappella laterale della chiesa dei cappuccini di Potenza Picena. Si tratta di un dipinto decoroso, con chiari echi trevisaneschi. Nello stesso luogo esistono altri quattro quadri a lui attribuiti su base di carattere stilistico: una pala d’altare raffigurante la Madonna con i santi Felice da Cantalice e Filippo Neri, una Annunciazione ,in due tele distinte, ed il ritratto di Padre Michelangelo Bosdari, generale dell’ordine cappuccino. Del Todini sono anche sei tele esistenti nella chiesa di S. Maria delle Grazie in Montone di Fermo, eseguite interno al 1750 e raffiguranti alcuni fondatori di ordini religiosi (S. Basilio, S. Silvestro, S.Pietro Celestino, S. Romualdo, S. Gaetano Thiene, ed i santi Toribio Malgravio, Filippo Benizi e Giovanni della Croce), E’ sua anche una tela esistente nella chiesa di S. Domenico a Teramo, raffigurante la Battaglia contro gli Albigesi, firmata e datata 1757. A Fermo, nella chiesa dell’Angelo Custode, è conservato un S. Vincenzo Martire ascritto al Todini dalla tradizione locale. Così pure gli viene attribuita dalla tradizione letteraria manoscritta la pala raffigurante il Crocifisso, esposto nel Santuario della Madonna del Pianto, sempre a Fermo. Al suo pennello si deve pure la Decollazione di S. Giovenni Battista, custodita nella chiesa della Pietà, nella stessa città. A Monterubbiano, nella collegiata di S. Maria dei Letterati, è conservata una tela raffigurante la Madonna di Loreto ed i Santi Stefano e Vincenzo, uscita dalla mano del Todini e datata 1770. Gli viene assegnata un’altra Madonna di Loreto con le sante Rita da Cascia e Chiara da Montefalco, custodita nella chiesa di S. Agostino a Montelparo. All’artista montegibertese si deve infine – come si è accennato – il Ritratto di don Ciabattoni, eseguito nel 1798, all’età di 97 anni. Amico Ricci attribuì al Todini anche una tela raffigurante S. Giuliano visitato dall’Angelo conservata al suo tempo “nel sotterraneo del duomo” di Macerata ed ora esposta nella sagrestia. Il Paci però l’ha restituita al ben più noto Francesco Mancini di Sant’Angelo in vado (1679 – 1750), sulla base di una esplicita quietanza del 1738. Comunque sia, l’equivoco del Ricci sta a dimostrare che il Todini, nei suoi momenti migliori, poteva essere scambiato addirittura con il pittore vadese, che al suo tempo, apprezzato anche dal Vanvitelli, era uno dei più celebrati pittori dell’ambiente romano.

Francesco Colvanni – Uomo politico e letterato. Nacque a Monte Giberto il 10 dicembre 1806 da Gaetano e da Teresa Casellini. Compì i suoi studi a Fermo, dove si trasferì stabilmente. Scrisse poesie ed iscrizioni molto apprezzate ai suoi tempi per nobiltà di sentire e nitore di forma, secondo i canoni del neoclassicismo. A lui si deve l’iscrizione a Vittorio Emanuele II, in ricordo del suo passaggio a Porto San Giorgio. Scrisse i discorsi pronunciati in Parlamento relativi al problema della soppressione della provincia di Fermo. Ricoprì con grande dignità pubblici uffici e nel 1860 rifiutò la nomina di Sindaco di Fermo. Morì il 20 febbraio 1873.

Luigi Capotosti – Ecclesiastico illustre, originario di Moresco, ma nato a Monte Giberto il 23 febbraio 1863. Una lapide, posta accanto al fonte battesimale della chiesa di S. Nicolò, ricorda la data del suo battesimo. Entrato in seminario a Fermo, percorse brillantemente la carriera ecclesiastica, tanto che il 21 giugno 1926 Pio XI lo creava Cardinale col titolo di S. Pietro in Vincoli. Fu pro – datario di Sua Santità, membro di numerose congregazioni e protettore di vari istituti religiosi. Nel 1930 fu inviato da Pio XI a presiedere, quale legato pontificio, le celebrazioni del Congresso Eucaristico Nazionale, svoltosi a Loreto, Morì a Roma il 10 febbraio 1938.

Don Nicola Arpili -Nato a Monte Giberto nel 1836, vi morì nel 1901. Diventato sacerdote, fu rettore del Santuario della Madonna delle grazie per molti anni. Grazie alla sua munificenza, fu acquistata nel 1870 la campana grande del santuario. Liberato miracolosamente – come egli riferiva – dalle mani dei ladri, si adoperò per il rinnovo del porticato della stessa chiesa nel 1873 e, con gesto generoso, donò nel 1899 le corone d’oro per il simulacro della vergine delle Grazie. A sue spese fece erigere l’appartamento per il rettore del santuario. Soprattutto resta nella memoria di tutti per la sua generosità verso i poveri, ai quali distribuiva anche vivande, regolarmente, in alcuni giorni particolari. Quale espressione di questa sua munificenza resta l’Ospedale di Monte Giberto, da lui fondato e dotato di beni conlasciti testamentari. Ora l’Ospedale è stato convertito in confortevole Casa di Riposo e perpetua il suo ricordo tra i montegibertesi, che gli hanno eretto un busto. Padre Luigi Bracciotti Nacque a Monte Giberto il 10 giugno 1884 ed al fonte battesimale ebbe il nome di Antonio. Entrato tra i frati conventuali, fu ordinato sacerdote nel 1907. Operò con grande zelo a Montalto, Montedinove e Montelupone. Dopo il servizio militare durante la prima guerra mondiale, fu penitenziere a Loreto, distinguendosi come ottimo liturgista. Successivamente i superiori lo inviarono ad Ascoli Piceno dove si rese altamente benemerito con la fondazione dell’Opera Pia del Sacro Cuore per l’accoglienza degli orfanelli. Morì il 16 giugno 1963.

Quanto scritto in questa sezione è opera di Giuseppe Santarelli,originario di Monte Giberto, padre superiore del santuario di Loreto, ed egli stesso personaggio illustre, da sempre legato alle proprie origini.

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